Marketing Culturale

  1. Marketing e cultura: arte e cultura per tanti o per pochi?
    L'arte deve essere comprensibile da tutti o deve rimanere qualcosa di criptico, che pochi possono comprendere?

    Ebbene sì, ho mentito. Avevo promesso di parlare dell'importanza del valore esperienziale nell'acquisto di un prodotto culturale, ma in questi giorni, girando per il web, mi sono imbattuto in una polemica vecchia come il mondo, ma sempre attuale, e che ben si lega col marketing culturale.

    La domanda è la seguente: l'arte (in particolare quella contemporanea) deve essere più comprensibile per il pubblico o il pubblico deve sforzarsi e studiare per comprendere l'arte contemporanea?

    A riguardo esistono due scuole di pensiero: da un lato (storici dell'arte ed addetti ai lavori) affermano che deve essere il pubblico ad avvicinarsi all'arte contemporanea; dall'altro, molti ritengono che il prodotto culturale sia fondamentalmente un prodotto di consumo, per cui preferiscono la "spettacolarizzazione" dell'evento artistico, a discapito della comprensione dell'evento stesso da parte dei fruitori.

    Personalmente ritengo che (come quasi sempre) la verità stia nel mezzo. Se da un lato, infatti, è innegabile che la formazione e la preparazione di chi si approccia all'arte ed alla cultura siano fondamentali, d'altro canto si deve tenere presente che è necessario allargare la base di persone interessate alla cultura.

    In termini pratici, questa situazione a cosa ha portato?
    Analizzando i dati forniti dall'ISTAT, e come perfettamente espresso da Pier Luigi Sacco nel seguente articolo (vedi), emerge che in Italia esiste una frattura (in)sanabile tra coloro che sono interessati all'arte e coloro che invece non la filano di striscio, a meno che non si tratti del “grande evento”.

    L'errore di fondo che tanti fanno nell'operare nel settore della cultura, di conseguenza, è il seguente: si occupano solo del loro mercato di riferimento, senza tener presenti le necessità di tutti i potenziali "clienti".

    Personalmente (questione di deformazione professionale: tendo a dividere il mercato in tanti segmenti) ritengo che questa spaccatura non sia necessariamente un male. Al contrario, grazie al marketing culturale, si dovrebbero analizzare i diversi segmenti che formano il mercato reale e potenziale di coloro che intendono usufruire di prodotti culturali e realizzare iniziative volte al coinvolgimento del maggior numero possibile di persone.

    Questo non significa far scadere la qualità del prodotto, come molti temono. Significa molto semplicemente fornire diversi canali di accesso a diversi tipi di pubblico.
    Solo in questo modo sarebbe possibile aumentare ed allargare la base di coloro che consumano cultura, con il logico risultato che ci saranno sempre più persone di...

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